È importante mantenere la coesistenza di praterie e ambienti forestali, bloccando l’avanzata del bosco e riuscendo magari nel contempo a strappare alla foresta qualche nucleo di nardeto non ancora completamente invaso da specie legnose. È irrealistico naturalmente ipotizzare il ritorno alla situazione di qualche decennio fa, dove questa vegetazione era veramente estesa, ma si potrebbe pensare alla possibilità di continuare lo sfalcio dell'erba su piccole superfici intorno alle baite o negli appezzamenti di prato tutt'ora più estesi e meglio conservati. In particolare i cosiddetti "Pradi de le fior" meritano, anche per la loro bellezza paesaggistica, una particolare attenzione. In questo caso, data la possibilità di accesso e la relativa vicinanza con la Malga Sasso, si potrebbe ipotizzare un coinvolgimento dei gestori della malga stessa. |
Evitare qualsiasi altro intervento potenzialmente in grado di modificare il livello della falda. Un intervento attivo che potrebbe essere realizzato alla Palu dal Col e alla Palù dei Fieri sarebbe quello di rallentare il deflusso delle acque con la creazione di una piccola barriera che abbia come effetto anche quello di ridurre la profondità del canale di drenaggiocentrale. Questo tipo di intervento, se si dimostrerà efficace per "ringiovanire" le torbiere e per creare qualche invaso a vantaggio della fauna anfibia, potrebbe essere applicato anche in altre zone umide del biotopo. |
Sarebbe tollerabile un limitato processo di recupero delle baite abbandonate, sempre qualora lo stesso non si traduca nel tracciamento di nuove strade o nella trasformazione, anche parziale, in strade dell’attuale rete di sentieri. Il recupero delle baite dovrebbe però essere vincolato al rispetto assoluto per le torbiere e al mantenimento, da parte dei proprietari, delle aree prative circostanti, così da bloccare il fenomeno dell’espansione della copertura boschiva, oppure al ripristino di aree aperte in via di rimboschimento. In particolare è stato predisposto un Piano di recupero del patrimonio edilizio montano che favorisce il recupero della pratica dello sfalcio delle pertinenze associato alla possibilità di intervento edilizio. Inoltre il Piano non inserisce la previsione di nuova viabilità. Sarebbe infine importante limitare al minimo indispensabile o addirittura evitare il tracciamento di nuove piste di esbosco. |
Promuovere la selvicoltura naturalistica, ad esempio con rilascio permanente in bosco di alberi superiori ai 90 cm di diametro (in particolare tutti quelli che presentano fori aperti da picchi o comunque tracce dell’attività di scavo di questi ultimi) e di un numero indicativo di 15-20 piante adulte ad ettaro (tali soggetti potranno anche essere segnati). Sarebbe estremamente opportuno prevedere il rilascio in bosco di necromassa da schianti o morie naturali in quantità indicativa pari a 10 mc/ha e ridurre il periodo delle utilizzazioni forestali, escludendo le stagioni invernale e primaverile. È inoltre da evitare l’ulteriore frammentazione della pecceta con infrastrutturazioni o cambi di copertura. Sembra infine opportuno individuare delle superfici in cui la foresta venga lasciata alla sua evoluzione naturale, esente da interventi di qualsiasi tipo. Questo tipo di gestione dovrebbe interessare per intero la cembreta e le porzioni più mature e conservate della pecceta. |