Sono da evitare le captazioni delle sorgenti situate nei pressi della torbiera e qualsiasi tipo di intervento che possa direttamente o indirettamente arrecare disturbo o danneggiare l’equilibrio idrico del sito. Valutare attentamente la possibilità di disattivare un punto attivo di drenaggio localizzato in corrispondenza dell’estremo nord-occidentale del biotopo. La parziale occlusione del canale di scolo situato sotto la strada provinciale ed il conseguente innalzamento della soglia di drenaggio, causerebbe un allagamento dell’area immediatamente retrostante, aumentando le dimensioni del piccolo specchio d’acqua, e un progressivo aumento della risorsa idrica nella torbiera. L'eventuale l’innalzamento della soglia di drenaggio dovrà essere graduale, dell’ordine di una decina di cm all’anno, in modo da permettere lo spostamento e adattamento della vegetazione alle nuove condizioni. Comunque, prima di eseguire questo intervento, si consiglia si realizzare un’indagine sugli aspetti idrologici del sito necessaria anche per individuare una zona di rispetto. |
È utile sfalciare le zone umide dominate da specie ad elevata produzione di biomassa e a carattere invasivo, ovvero capaci di rapido sviluppo e con forte competitività legata alla capacità coprente e alla taglia, quali quelle caratterizzate da una forte diffusione della molinia o della deschampsia. Le operazioni di sfalcio che dovranno avere una cadenza bi-triennale non potranno iniziare prima della fine di luglio, in modo da evitare la distruzione delle eventuali nidiate. Allo sfalcio far seguire l’allontanamento del materiale affienato che non va lasciato assolutamente in torbiera. Non intervenire invece nelle aree dominate dalle carici, di maggiore valore botanico e, tra l’altro, meno accessibili per la maggiore presenza di acqua, con particolare attenzione alle zone occupate dalla vegetazione pioniera a Carex rostrata e Carex lasiocarpa. |
Sono assolutamente da evitare fertilizzazioni organiche o minerali sia dirette sulla torbiera, sia sui territori circostanti da cui si potrebbero avere percolazioni o derive. |
È necessario attuare uno sfalcio almeno biennuale del nardeto. Le operazioni di sfalcio, che non dovranno iniziare prima della fine del mese di luglio, in modo da evitare la distruzione delle nidiate, non dovranno interessare l'intero nardeto, che andrà suddiviso in due settori gestiti a turnazione. Lo sfalcio, per quanto possibile dovrà seguire un andamento di tipo centrifugo, dal centro dell’appezzamento verso l’esterno, in modo da evitare l’accerchiamento degli animali eventualmente presenti e permettere loro di trovare rifugio nelle aree limitrofe. In realtà la conservazione del nardeto potrebbe essere perseguita anche mediante un pascolamento estensivo che avrebbe tra l'altro il vantaggio di creare/mantenere particolari “nicchie ecologiche”. In sostanza affiancare agli sfalci un’azione di pascolamento, purché controllato e di tipo estensivo, potrebbe rivelarsi interessante. |
Lo sci nordico, in forma intensiva ed organizzata come nel caso specifico, appare un’attività difficilmente compatibile con l'area protetta, per cui la soluzione in prospettiva è quella di identificare percorsi alternativi e fuori biotopo. Data tuttavia la manifestata impossibilità attuale di trovare alternative di tracciato tali da evitare completamente il sito, si è cercato di limitare il passaggio delle piste all’interno dell’area protetta a quanto basta per garantirne il collegamento con la restante parte del comprensorio sciistico della Conca delle Viote. Tale passaggio avviene lungo il confine di est del biotopo, a ridosso della strada provinciale per Garniga, occupandouna fascia ristretta lungo il ciglio stradale ed evitando quasi del tutto le altre zone. Nella gestione delle piste lungo tale fascia dovranno inoltre essere presi tutti gli accorgimenti necessari ad evitare qualsiasi tipo di danneggiamento al suolo e/o alla copertura vegetale, in particolare curando con attenzione l’attraversamento di un punto ad alta criticità rappresentato da un affioramento di falda. |
Articolare progressivamente la struttura del rimboschimento di peccio, per passare da un tipo strutturale strettamente monoplano ad un tipo irregolare o multiplano in cui sia presente una buona copertura di latifoglie. A tale scopo, gli interventi consisteranno in diradamenti selettivi accompagnati da prelievi a piccole buche (300-500 metri quadrati), realizzati sfruttando possibilmente le articolazioni strutturali già esistenti; eventuali alberi morti in piedi dovranno essere conservati a vantaggio di specie animali quali picidi, strigidi e numerosi artropodi. Importante sarebbe la risagomatura delle fasce marginali esterne del bosco. Oltre ad aumentarne lo sviluppo attraverso un andamento più irregolare, dovrà esserne migliorata la struttura, realizzando, per mezzo di diradamenti selettivi ed impianto di nuove specie arbustive ed arboree baccifere autoctone, un passaggio progressivo, di sufficiente profondità (30- 50m), tra le zone aperte ed il bosco, con strati di vegetazione di diverse altezze e densità. Ciò porterà alla creazione di una fascia ecotonale di alto valore dal punto di vista faunistico. |
È opportuno “dirottare” all’esterno del biotopo gli aspetti di tipo ricreativo, riservando gli accessi ad una fruizione mirata di tipo didattico. La scarpata che scende dalla cosiddetta “piattaforma di osservazione delle stelle” al confine nord dell’area protetta, potrebbe essere resa impraticabile attraverso la realizzazione di una fascia arbustiva irregolare, con macchie di cespugli formate da specie arbustive utlilizzate dall'avifauna durante il periodo primaverile e autunnale. La porzione nord del sentiero di attraversamento del biotopo, posto lungo il margine occidentale della torbiera, andrebbe obliterato attraverso l’impianto di nuclei arbustivi. Salici, ontani (bianchi) e betulle avrebbero anche il vantaggio di essere ottime produttrici di polline e quindi fornirebbero importanti risorse trofiche alla fauna inferiore e superiore in primavera (ad es. migrazione primaverile). |